Il cannolo è da sempre simbolo di Sicilia, la sua fama ha superato qualsiasi confine.
Basti pensare che, dopo “l’irraggiungibile” Tiramisù, è il secondo dessert italiano più conosciuto al mondo. Questa ricetta golosa è approdata a New York già con i primi emigrati italiani, anche se non esattamente nella forma che conosciamo. Il segreto di un buon cannolo, infatti, sta tutto nella freschezza della ricotta che dev’essere rigorosamente di pecora. Quando questa è buona e fresca di giornata, sbagliare è davvero difficile.
Fuori dalla Sicilia, però, la ricotta di pecora non si trova, era facile quindi che nelle pasticcerie americane (pur spacciandosi per autenticamente italiane) si usassero spesso derivati dal latte di mucca o addirittura creme che non assomigliavano minimamente all’originale. Insomma, Turiddu prima del suo rientro in Sicilia aveva mangiato solo imitazioni del cannolo siciliano.
Questo dolce ha una storia antica che affonda le sue origini nel periodo della dominazione araba. Il suo nome rievoca, infatti, le canne di fiume usate per arrotolare le cialde prima della frittura. Pare che in origine si preparassero solo per Carnevale.
La leggenda narra che tutto ebbe inizio a Caltanissetta, dove risiedevano le mogli e le concubine degli harem degli emiri (non a caso il nome della città significa “castello delle donne”), che oltre a soddisfare i piaceri dei loro mariti/padroni si dilettavano di cucina e pasticceria.
Quando arrivarono i Normanni, però, gli harem si svuotarono e la popolazione si convertì al cristianesimo. Solo nella tradizione culinaria continuarono a essere tramandate le ricette arabe, compresa quella del cannolo. Una scorcia tra il croccante e il friabile ripiena di ricotta.
Ad ognuno il suo: il cannolo è un affare di famiglia
Ogni pasticceria siciliana che si rispetti, per tradizione, ha la sua ricetta che viene tramandata di padre in figlio. Atavica a riguardo è la disputa tra le due più grandi città dell’Isola, dove sia il ripieno che la cialda si preparano in modo diverso.
A Palermo, si mescolano cacao amaro e vino bianco al classico impasto di farina, strutto, zucchero e uova mentre nel ripieno di ricotta di pecora si aggiungono zucchero e gocce di cioccolato. Le estremità del cannolo, poi, vengono decorate con scorze d’arancia candita e una spolverata di zucchero a velo.
A Catania, all’impasto non si aggiunge il cacao ma solo il vino bianco e la ricotta del ripieno viene “lisciata” al setaccio e “condita” con cubetti di zuccata e gocce di cioccolato. A guarnire il tutto una bella spolverata di granella di pistacchio e zucchero a velo.
Impossibile scegliere quale sia la versione migliore, per questo Cumpari Turiddu ha realizzato il suo “Scannolo”, una versione destrutturata che fonde insieme la tradizione orientale e occidentale dell’Isola.
Che le batta entrambe? A voi “l’ardua sentenza”.